La depressione è un disturbo dell'umore che compromette l'equilibrio psico-fisico delle persone che ne sono affette.

Da un punto di vista psicologico,comporta molteplici disagi:

- mina la capacità di pensare e decidere in modo lucido

- getta l'individuo nel vortice incessante della ruminazione mentale in cui si alternano preoccupazioni legate a pensieri e temi ricorrenti che possono riguardare la propria inadeguatezza, le paure, l'incapacità a sostenere le difficoltà della vita, un senso di colpa e vergogna pervasivi

- alimenta la percezione di fallimento e impotenza associati ad una grande sofferenza emotiva che ci appare senza via d'uscita e genera dolore e angoscia

- nutre la tendenza ad evitare le esperienze e le situazioni che reputiamo fonte di disagio

- predisponne verso un ritiro dalla vita che conduce ad un progressivo isolamento sociale e senso di solitudine.

 

Da un punto di vista fisiologico, è presente un'alterazione di funzioni fondamentali come:

- l'appetito

- il sonno

- la concentrazione

-il desiderio sessuale

-il grado di vitalità ed energia globale dell'organismo

La depressione clinica, o depressione maggiore, viene diagnosticata quando un certo numero di questi sintomi persistono contemporaneamente per più di due settimane e quando interferiscono in modo evidente con la capacità di condurre una vita stabile e coordinare le attività quotidiane come il lavoro, gli impegni, le relazioni.

 

La difficoltà a chiedere aiuto nella depressione

Questa malattia può essere molto invalidante ma, nonostante ciò, i pazienti che ne sono affetti hanno difficoltà a riconoscerla e a chiedere aiuto agli specialisti.
Poiché spesso la persona depressa fa fatica anche ad alzarsi dal letto per cominciare a vivere la giornata, alcuni studi (K.B. Wells, R. Sturm, C.D. Sherbourne e L.S. Meredith, Caring for Depression, Harward University Press, Cambridge 1996) hanno considerato le “giornate passate a letto” come misura d'invalidità provocata dalla depressione, arrivando ai seguenti risultati: i pazienti depressi passano a letto più tempo (1,4 giorni al mese) dei pazienti con malattie polmonari (1,2 giorni al mese), con diabete (1,15 giorni al mese) o con artriti (0,75 giorni al mese) e vengono superati solo dai pazienti cardiopatici (2,1 giorni al mese).

Nel linguaggio comune il termine “depressione” è stato inflazionato e spesso viene usato impropriamente per indicare anche uno stato di tristezza, ma questo uso è fuorviante. La tristezza è un'emozione naturale e legittima di fronte ad eventi della vita come un lutto, una perdita, una separazione, una delusione e la tristezza ha un carattere di transitorietà legata al contesto in cui si è manifestata. Al contrario, la depressione è persistente e conduce ad una compromissione funzionale e globale della vita della persona. Inoltre la depressione non compare quasi mai da sola, ma generalmente è accompagnata anche da stati d'ansia e difficoltà a rapportarsi con le emozioni che complicano ancora di più la gestione della quotidianità.

 

Il rischio di ricadute nella depressione

Un'altra complicazione legata alla depressione è che si tratta di una condizione che può diventare cronica e recidivante e che l'esordio del primo episodio depressivo nella popolazione, nel corso degli anni, si è collocato in una fase sempre più precoce della vita media di un individuo e, ad oggi, molti pazienti registrano il loro primo episodio di depressione durante l'adolescenza. Purtroppo le persone che sperimentano questo disturbo manifestano un'accresciuta vulnerabilità alla ricaduta e avranno una probabilità del 70-80% di incorrere nuovamente nella malattia.

La malattia diventa recidivante perché coloro che hanno già attraversato il disagio implicato nella depressione, se incontrano delle difficoltà lungo la loro strada in grado di generare uno stato di tristezza, saranno più propensi a scivolare in periodi di umore negativo che riattiverà in automatico pensieri, sensazioni ed emozioni sperimentati durante la precedente fase depressiva legati a senso d'impotenza, rovina, disfatta, inadeguatezza, rinuncia, colpa e vergogna. Si ripristina quella visione della vita estrema e totalizzante per la quale non si riescono ad intravedere vie d'uscita, le sfide della vita sembrano insormontabili, nessuno è in grado di comprendere il nostro dolore.

 

Identificarsi con i pensieri negativi

Lo stile di pensiero e di azione che riemerge nelle recidive prevede un'identificazione totale con pensieri, emozioni e sensazioni che ostacola la flessibilità di risposta, ovvero la capacità di produrre soluzioni più creative e funzionali davanti alle difficoltà incontrate e disturba il processo di regolazione emotiva e corporea che ci consente di leggere con lucidità ed equilibrio il contesto in cui ci troviamo, il nostro peculiare modo di rapportarci a questo, dando il giusto peso agli eventi.

In quei pazienti che hanno già vissuto episodi depressivi, una condizione di tristezza riesce a scatenare convinzioni e atteggiamenti che aumentano la vulnerabilità alla depressione: ad esempio, quando provano tristezza, c'è un'alta probabilità che assumano la convinzione che per essere felici devono riuscire con successo in tutto ciò che fanno oppure che non avranno mai accesso alla felicità a causa del disagio vissuto in passato ( ad esempio provenire da una famiglia con poche risorse economiche, sociali o culturali; la presenza di un problema fisico vissuto con senso di vergogna....).

 

L'aiuto della Mindfulness nell'arginare le ricadute depressive

La Mindfulness, nelle situazioni in cui è presente vulnerabilità alla depressione, aiuta i pazienti a strutturare una nuova relazione con il proprio corpo e con le proprie esperienze che disinnesca le risposte automatiche di fronte agli eventi e blocca quei circoli viziosi che conducono a recidiva.

La ruminazione è il frutto di una distorsione cognitiva attraverso la quale si pensa che, per risolvere un problema, bisogna rimanere continuamente concentrati su questo in una costante operazione di monitoraggio che si ostina ad applicare sempre le stesse soluzioni ipotizzate, anche se queste dimostrano di non funzionare e, il mancato funzionamento, genera a sua volta l'esigenza d' insistere su questa strada ancora di più affinché cambi qualcosa.

Dal momento che è molto difficile riuscire a ridurre la discrepanza tra la realtà che incontriamo e quella che desideriamo in tempi brevi, la mente ripete incessantemente queste valutazioni incastrandosi nei processi ruminativi e, avvitata su se stessa, porta alle ricadute depressive. Quando la mente segue la spinta a fare, risolvere e sbrigarsi, perde il contatto con l’esperienza presente e di conseguenza, proprio nel tentativo di affrontare un problema, si allontana dalla soluzione perché non riesce ad ascoltare e a leggere i segnali che il corpo le invia.

La Mindfulness ci aiuta innanzitutto:

- a raccogliere la mente che si è dispersa

- a prendere la giusta distanza dai nostri pensieri considerandoli transitori e impermanenti evitando meccanismi di ruminazione mentale

- nella lettura delle nostre emozioni e sensazioni al fine di poter produrre una risposta più adeguata e coerente con le nostre esigenze

- a sottrarci al processo automatico di reazione agli eventi che spesso ci risucchia in tutta quella serie di atteggiamenti disfunzionali e forieri di squilibrio e malattia

- a essere consapevoli delle nostre risorse e del modo in cui recuperarle, permettendoci così di riconnetterci, senza timore, alla realtà che prima era oggetto di evitamento in quanto reputata insormontabile e traumatizzante.

 

Il potere delle pratiche di consapevolezza Mindfulness

Infatti le pratiche di consapevolezza basate sulla Mindfulness:

- ricostruiscono una relazione sana con i contenuti del nostro pensiero e quindi con la realtà della nostra esperienza che, di conseguenza, diventa più chiara, gestibile e accettabile

- ci insegnano a lasciar andare e a rivolgere uno sguardo più accogliente e meno giudicanteverso noi stessi, le nostre azioni, le nostre motivazioni, le nostre fragilità neutralizzando quindi quel senso di colpa e inadeguatezza che nutre il vissuto depressivo e il rimuginio.

- ci guidano nell'esplorazione consapevole e aperta nei confronti della nostra esperienza interna ed esterna per poter imparare a comprendere sempre meglio cosa avviene in quel momento, come si può essere presenti a quell'esperienza sospendendo il giudizio e quindi dandoci l'opportunità di intravedere nuove soluzioni e comportamenti alternativi

- sono in grado di attivare la neuroplasticità del cervello grazie all'integrazione neurale dovuta all'abilità acquisita di dirigere intenzionalmente il focus dell'attenzione verso l'esperienza autodiretta della realtà del momento presente che stimola nuovi pattern di attivazione neurale, plasmando la struttura stessa del cervello.